Teatro del Lemming

Amore e Psiche

una favola per due spettatori

con  Antonia Bertagnon, Fiorella Tommasini, Franco Cecchetto e Mariangela Dosi

musica e regìa Massimo Munaro

Sinossi del mito come riportato da Apuleio ne “Le metamorfosi”

C’era una volta un Re e una Regina che avevano tre figlie, di queste la più giovane si chiamava Psiche: la sua bellezza era così folgorante che tutti gli abitanti del regno presero ad adorarla come una dea. Afrodite, gelosa che una mortale fosse adorata al suo posto, chiede al figlio Amore di mandarla sposa ad un terribile mostro: ma una volta vista sarà lo stesso Eros ad innamorarsi di lei e a volerla sposare. Amore si renderà invisibile agli occhi di Psiche e si unirà con lei nel buio del suo castello incantato, imponendole, pena la sua perdita, di non volerlo vedere mai. Le sorelle di Psiche, invidiose della sua felicità, la spingono a trasgredire il divieto del dio e Psiche  verrà punita con la perdita del suo Amore. Psiche, rimasta sola, dovrà superare allora quattro difficili prove (fra cui discendere all’Ade per procurare ad Afrodite il profumo di Persefone) prima di potere ricongiungersi in matrimonio con il suo Amore, e insieme ascendere in cielo.

 

Da alcuni anni il nostro gruppo ha intrapreso una inedita ricerca teatrale che si caratterizza per il coinvolgimento drammaturgico e sensoriale degli spettatori.

Questa indagine da una parte si pone come riflessione sullo stesso statuto di teatralità, la cui origine di evento sacrale, che ne fonda la necessità, ricolloca al centro la possibile ridefinizione della relazione attori-spettatori. Questa ricerca d’altra parte si pone, contemporaneamente, anche come indagine sui profondi movimenti archetipici che le figure mitiche, sempre oggetto dei nostri ultimi lavori, inevitabilmente suscitano in coloro che le frequentano. La nostra vita sembra sempre seguire figure mitiche. Noi agiamo, vediamo, pensiamo, sentiamo soltanto come ci è consentito dai modelli primari costituiti nel mondo immaginale: la nostra vita psicologica è mimetica dei miti. Da questo punto di vista ogni nostro lavoro teatrale propone per attori e spettatori la possibilità di un incontro profondo e radicale con alcune, esemplari, figure mitiche.

Il teatro torna e si impone così come il luogo dell’incontro, della relazione, e si propone nella sua necessità di evento, di esperienza che prima che cognitiva resta propriamente esistenziale ed organica.

Il lavoro su AMORE E PSICHE prosegue quindi sulla strada aperta dai nostri precedenti lavori dedicati alle figure di EDIPO e DIONISO e si propone come ideale continuazione. In DIONISO, ad esempio, il rapporto attori-spettatori si faceva mimetico di quei rapporti esperiti sempre più spesso nelle relazioni col mondo che si stabiliscono appunto sotto il segno dell’opposizione e del non riconoscimento.

In AMORE E PSICHE il movimento suggerito è esattamente di segno opposto. Qui la seduzione è agita per amore e conduce, finalmente, ad una congiunzione: congiunzione di anima e corpo, dell’io con l’altro, di attore e spettatore. Dalla dualità si giunge così alla condivisione, alla fusione-con  l’altro. Il mito ci dice per altro che questa unione è tutt’altro che facile. Le vicissitudini di Psiche sono terribili e a volte paiono poterla devastare completamente: ma non sono che il cammino necessario alla sua unione finale con Amore. Il mondo piuttosto che come vana valle di lacrime, appare così, per dirla con Keats, “la valle del fare anima”. Al termine del loro peregrinare a tratti pauroso e doloroso, i due spettatori si riuniranno agli attori e insieme si rincontreranno fra loro. L’unione sul piano simbolico prevede così una sorta di moltiplicazione di piani: riunione dello spettatore con se stesso, con l’attore, con l’altro spettatore, con lo spazio e il mondo che li ospita. Poiché, per citare Jung, “l’anima non può esistere senza la sua altra parte, che si trova sempre in un TU”.

 

Lo spettacolo prevede l’ingresso di due spettatori per volta (un uomo ed una donna) ed replicabile sette volte al giorno (14 spettatori).  L’intervallo fra uno spettacolo e l’altro è di 45 minuti.